Migliaia di ricerche e analisi hanno dimostrato l’impatto negativo della corruzione sul livello degli Investimenti Diretti Esteri (foreign direct investments FDI) e conseguentemente sul PIL dei Paesi. Sono stati costruiti e testati modelli per spiegare in dettaglio il meccanismo attraverso il quale l’incertezza, l’inefficienza e l’esistenza di sistemi di controllo alternativi e corrotti non solo riducono il volume degli FDI nei Paesi con un alto livello di corruzione, ma tendono anche a incentivare gli investimenti tra Paesi con lo stesso livello di corruzione e diminuire il volume di investimenti nei Paesi a bassa corruzione rispetto a quelli ad alta corruzione.
Tuttavia, da decenni, è stato osservato, sebbene a oggi non molto studiato, anche l’effetto inverso: ovvero l’aumento del livello di corruzione nei Paesi tradizionalmente a bassa corruzione quando hanno a che fare con Paesi ad alta corruzione. Questa tendenza non si riflette nella maggior parte degli studi a causa della difficoltà di trovare fonti affidabili per misurare la corruzione. In tal senso, la principale fonte utilizzata è il TI-CPI. L’indice, pur essendo da lungo tempo l’unico strumento esistente per misurare la corruzione, soffre di alcuni problemi di struttura: si tratta infatti di un indice basato sulla percezione e non sulla realtà dei fatti, che rimane ancora in gran parte sconosciuta, ed è inoltre un indice creato sulla base delle valutazioni rilasciate da gruppi di esperti dei vari Paesi.
Global Risk Profile da tre anni pubblica un indice che ha il valore di aggiungere informazioni analitiche ai dati di misurazione della corruzione, che sinteticamente quindi rappresenta una misura del rischio potenziale dei diversi Paesi.
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